Famiglie Accoglienti

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La storia di Tariq

Tariq, ragazzo pakistano di 22 anni, dopo 11 mesi di viaggio e 1 mese di vita per strada in una grande città italiana, si stava convincendo che non sarebbe mai riuscito ad avere l’appuntamento in questura per la richiesta di asilo. Ogni volta un funzionario gli diceva che senza l’ospitalità o un domicilio non poteva avere l’appuntamento.

E come fa una persona che non conosce nessuno, che non parla l’italiano, che vive per strada, ad avere un indirizzo da dare? E come fa una persona in questa situazione a capire come districarsi in questa grande città?

Ed ecco che un giorno una volontaria delle Famiglie Accoglienti si presenta al poliziotto all’ingresso dicendo di voler sapere se un ragazzo curdo fosse già entrato, qualificandosi come XX delle Famiglie Accoglienti.

Una signora italiana si avvicina subito alla volontaria facendole notare il 22enne pakistano e chiedendo se l’associazione avrebbe potuto farsene carico. La volontaria, in ansia per la ricerca del ragazzo curdo, si fa giusto lasciare nome e cellulare del pakistano e sparisce; per il ventiduenne la speranza di una presenza amica svanisce in un attimo.

Inaspettatamente, il giorno successivo, al ragazzo arriva un messaggio whatsapp da parte della volontaria e la conversazione in inglese che a voce era sembrata quasi impossibile, con messaggi scritti inizia a fluire. La volontaria invia i riferimenti di un’unità mobile per i senza fissa dimora da cui arrivano i primi sostegni, sia materiali che giuridici. Il ragazzo si presenta in prefettura dove in teoria non potrebbe essere messo in lista di attesa per l’ingresso in accoglienza, ma la prefettura lo inserisce ugualmente e gli rilascia una ricevuta da mostrare in questura per aumentare la possibilità di avere un appuntamento.
La volontaria si presenta in questura assieme al ragazzo che l’ispettore riconosce subito, ricordando quel giovane dall’aria spersa, tornato tanti giorni di fila, ma sempre senza un indirizzo, pure senza giubbotto
“povero”; la volontaria si impegna a risolvere il problema dell’ospitalità e l’ispettore fissa l’appuntamento per il giorno dopo!! Che cosa succederà a questo appuntamento? Bel mistero, ma sembra già una grande cosa poter superare quella porta.

Il giorno dell’appuntamento, sul marciapiede c’è di nuovo la signora italiana che ha fatto notare il ragazzo pakistano e che si scopre essere l’operatrice di un caf; di fronte ai grandi ringraziamenti che le vengono rivolti, continua a dire “ci mancherebbe, un po’ di umanità anche sul lavoro non guasta”. Segue scambio di biglietti da visita perché un caf umano non si trova tutti i giorni!

E poi finalmente la soglia viene varcata e, nel giro di 5 ore, viene fatta sia l’identificazione che il C3! Il C3 viene compilato da una mediatrice, ma il ragazzo è molto emozionato e continua a dire di non ricordare molte cose, la mediatrice lo incoraggia con molta umanità e non gli fa premura. Ed ecco ottenuto il primo permesso di soggiorno grazie al quale finalmente si può fare richiesta di ingresso in dormitorio e soprattutto si inizia ad “esistere”.

Inutile dire che la volontaria ha iniziato a creare una rete attorno a questo ragazzo per cui sono arrivati i primi vestiti (aveva solo quelli che indossava), alcune offerte di ospitalità in famiglia per una o due notti (ospitalità di sollievo) e che questo è sicuramente solo l’inizio.

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